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Cronache di Ecotopia

Il Blog di Claudio Bovino

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Postilla » Ambiente » Il Blog di Claudio Bovino » Inquinamento • Normativa ambientale » Dopo la sentenza Eternit, attu ...

23 settembre 2013

Dopo la sentenza Eternit, attuare il Piano Nazionale Amianto è un imperativo categorico

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Il Piano Nazionale Amianto (PNA) è ancora fermo nel cassetto della Conferenza Stato-Regioni. Il Ministero dell’Economia ha chiesto dei chiarimenti su alcune coperture economiche.

Non si fermerà, però, il conteggio dei morti per amianto, con migliaia di morti all’anno in Italia – le stime vanno da 900 a 3000 decessi per mesotelioma pleurico (neoplasia correlata all’esposizione alle fibre aerodisperse dell’amianto) ogni anno – e con decine di migliaia di casi nei prossimi anni (il picco si raggiungerà, dicono gli epidemiologi, tra il 2015-2025).

Amianto, il killer incorruttibile

Il termine “Amianto” viene dal gr. Αμίαντος, “incorruttibile” mentre “asbesto” viene dal gr. Άσβεστος, “inestinguibile”. Con queste parole, per secoli, si è fatto riferimento ad un gruppo di sostanze dalle caratteristiche straordinarie, in primis, termostabilità, filabilità e tessibilità. Insomma, minerali quasi magici: fonoassorbenti e termoisolanti, resistenti al fuoco, alle temperature elevate e agli agenti corrosivi (acidi e alcali), alla trazione e all’usura.

Ma… – perchè molto spesso, o forse, sempre, c’è un “ma”, una sorta di prezzo da pagare – per moltissimo tempo si è ignorato che tali sostanze erano in realtà un killer pericolossissimo e subdolo, che uccide lentamente, senza scampo e senza che la vittima se ne accorga…

Infatti, le fibre di amianto, se inalate, causano gravi patologie dell’apparato respiratorio (asbestosi, carcinomi polmonari e della laringe, mesotelioma pleurico) e neoplasie a carico di altri organi, il mesotelioma peritoneale, pericardico e della tunica vaginale del testicolo, nonchè il tumore maligno dell’ovaio. Inoltre, tali fibre provocano placche pleuriche e inspessimenti pleurici diffusi. Ulteriori studi suggeriscono che l’amianto possa anche essere la causa di tumori maligni in ulteriori sedi (ad es., l’apparato digerente). Come è noto, poi, una caratteristica delle malattie correlate all’amianto è quella di avere un lungo intervallo di latenza tra l’inizio dell’esposizione e la comparsa della malattia (nel caso del mesotelioma, si parla di decenni). Ma ciò non ne fa venir meno la pericolosità, non solo per i lavoratori che, in passato, prima che l’amianto fosse messo al bando dalla Legge 27 marzo 1992, n. 257, sono stati direttamente esposti durante la produzione dell’amianto, ma anche per chi ancora oggi potrebbe inalare le fibre rilasciate per esempio da “meccanismi” che fanno uso di amianto, o ancora più semplicemente da Manufatti Contenenti Amianto (MCA) che sono presenti pressochè dappertutto, in primo luogo, a causa del larghissimo uso che hanno avuto in edilizia (si pensi alle canne fumarie dei nostri condomini, alle coperture in eternit dei capannoni, agli isolanti presenti in scuole ed edifici pubblici).

Senza volere alimentare allarmismi, si ricorda che, come raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), l’esposizione a qualunque fibra di amianto e a qualunque grado di esposizione deve essere evitata, dato che non esiste una soglia di sicurezza. Sì è vero, sembra certo che il grado di pericolosità si riduca quasi del tutto se il materiale che contiene le fibre sia integro e non danneggiato/sbriciolato, ma anche in questo caso è comunque necessario seguire le norme di legge che impongono una sorveglianza ed eventualmente la bonifica o la rimozione, a seconda del differente grado di pericolosità: il Ministero dell’Ambiente, fino ad oggi, ha censito 34mila siti contaminati e 380 aree a maggior rischio. Proprio per tali motivi, molti comuni stanno provvedendo a censire siti ed edifici nel loro territorio.

Pertanto, è divenuta un’urgenza indifferibile la messa in campo di misure volte a realizzare un’efficace sorveglianza per gli esposti nonchè concreti interventi di prevenzione, dei quali il PNA costituisce la base di partenza.

Piano Nazionale Amianto 2013

Dopo essere stato annunciato al termine della II Conferenza Governativa sulle patologie asbesto-correlate (Venezia, 22-24 novembre 2012), il PNA è stato approvato dal Consiglio dei ministri il 21 marzo 2013 e, poi, presentato l’8 aprile 2013 dal Ministro della salute, Renato Balduzzi, nell’auditorium San Filippo di Casale Monferrato (AL), città ormai divenuta un simbolo della tragedia delle morti causate da patologie correlate all’amianto.

Il PNA definisce le Linee di intervento per un’azione coordinata delle amministrazioni statali e territoriali, in pratica coobiettivi e sub-obiettivi che le amministrazioni statali e territoriali, con un’azione coordinata di gestione, dovranno realizzare sul territorio italiano con riferimento a 3 macroaree:

  1. tutela della salute;
  2. tutela dell’ambiente;
  3. sicurezza del lavoro e tutela previdenziale.

La sua messa in opera è stata richiesta a gran voce da più parti, da associazioni, magistrati e avvocati, e di recente (luglio 2013), dai sindacati (CGIL, CISL e UIL), i cui segretari confederali hanno ribadito che il PNA “deve essere reso operativo perché sono molte le speranze che i tanti lavoratori e cittadini che sono stati esposti all’amianto, stimati in oltre un milione e mezzo di persone, attendono dalle attività di sorveglianza sanitaria , di ricerca e di cura delle malattie dovute all’amianto”.

In Italia, hanno detto, muoiono oltre tremila persone ogni anno, “tre volte di più delle vittime dovute agli incidenti sul lavoro. Anche il piano delle bonifiche deve essere operativo a partire dai 500 siti dichiarati di massima priorità dal ministero dell’Ambiente , in cui sono classificati soprattutto scuole ed ospedali ed altri siti di alta utilità pubblica. Infine bisogna utilizzare il decreto delle ristrutturazioni edilizie per favorire la bonifiche dell’amianto per le abitazioni private con la detrazione fiscale fino al 65% delle spese sostenute per la bonifica dell’amianto. L’operatività immediata del piano nazionale amianto è dovuta sul piano sanitario e sul piano ambientale per la sicurezza delle persone ed è capace anche di sviluppare un risultato sociale positivo sul piano dell’occupazione e dello sviluppo delle attività di bonifica”.

Certo, come sottolineato da Paolo Carcassi, segretario confederale della Uil – che ha tenuto la relazione unitaria il 2 luglio, il PNA avrà bisogno di modifiche e integrazioni rilevanti ma “oggi è necessario è sbloccare in ogni modo il Piano per farlo partire nelle sue parti fondamentali, soprattutto per quanto riguarda la ricerca e la cura”.

Mi unisco anche io al coro di appelli che si levano ancor più forti dopo la sentenza di condanna nel 2° grado del processo Eternit di Torino; attuare il PNA è un passo doveroso che l’Italia deve fare al più presto per rispettare tutti i lavoratori morti o ammalatisi a causa dell’amianto, per porre le basi per tutelare i cittadini e l’ambiente, e perchè anche questo è ciò che fa di una nazione un paese civile, al di là dei tentatividi far innalzare il PIL o della importanza che si voglia avere nello scacchiere mondiale.

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Personalmente, ho avuto modo di approfondire le tematiche relative all’amianto grazie a due fascicoli speciali sull’amianto ai quali ho lavorato quest’estate fianco a fianco, e grazie, alla dr. Donatella Armini per IPSOA e al dr. Alessandro Bordin, amico e collega blogger su Postilla (http://alessandrobordin.postilla.it/). Le due pubblicazioni sono state distribuite agli abbonati della rivista Ambiente & Sviluppo (IPSOA)  quali allegati ai numeri estivi (n. 7 e 8-9) e hanno visto la partecipazione di molti professionisti che hanno approfondito i temi più disparati (giuridici, medici e tecnologici) e che – approfitto dell’occasione – ringrazio nuovamente per la loro disponibilità e per il bel lavoro fatto.

Questi i temi trattati, secondo l’ordine di pubblicazione nei due fascicoli:

  • Il censimento dell’amianto (Alessandro Bordin);
  • Amianto e salute (Gabriele Campurra);
  • Trattamenti e bonifica dell’amianto: tecnologie e impianti (A. Bordin, C. Bovino);
  • Lo smaltimento in discarica [il caso di Treviglio] (Paola Brambilla);
  • Inquadramento normativo: stato dell’arte e recenti iniziative (C. Bovino);
  • La bonifica del sito di interesse nazionale di Casale Monferrato (Giorgio Schellino);
  • La  sentenza Eternit: spunti di riflessione (Sergio Bonetto);
  • Messa in sicurezza e bonifica di Mca in siti industriali danneggiati da sinistro (Filippo Emanuelli);
  • La giurisprudenza in tema di amianto: il ruolo della magistratura (Brunella Biancaniello);
  • Profili penali e legittimazione delle associazioni ambientaliste (Novelio Furin, Marco Grotto);
  • Incentivi e finanziamenti per la rimozione dell’ amianto (Rita Friscolanti);
  • La  rimozione “in  proprio” dell’ amianto (A. Bordin, C. Bovino).

 

Letture: 8359 | Commenti: 5 |
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5 Commenti a “Dopo la sentenza Eternit, attuare il Piano Nazionale Amianto è un imperativo categorico”

  1. Claudio Bovino scrive:
    Scritto il 24-9-2013 alle ore 08:51

    …imperdonabile, tra i temi trattati nei due fascicoli speciali sull’amianto, ho omesso di inserire:
    – “Bonifiche dell’amianto e Valutazione di Impatto Sanitario (VIS)” di Mario Tagliaferro.
    …spero di non aver dimenticato qualcun altro

  2. Fausto scrive:
    Scritto il 24-9-2013 alle ore 11:30

    Ciao Claudio, volevo una tua delucidazione in merito a questo argomento. Premetto, parlo da profano in materia, quindi è facile che mi sfugga qualcosa. Dunque, mi è capitato di recente (parlo dell’anno 2010) di collaborare per circa un mese e mezzo per un’azienda veneta che produceva pezzi metallici per termosifoni e per cancelli. Ebbene, nonostante questa azienda avesse la certificazione di qualità ISO, all’interno dell’area adibita a magazzino il tetto era in Eternit. La mia domanda allora è: come è possibile che, essendoci una legge addirittura del 1992 (Legge 27 marzo 1992, n. 257), possano esistere ancora casi come questi (tra l’altro la legge del ’92 prevedeva norme in materia di rimozione di strutture in amianto all’art. 12). Come può inoltre un’azienda che ha il tetto del magazzino in Eternit ottenere la certificazione di qualità ISO? E’ dal 2010 che mi faccio queste domande, ma mai nessuno mi ha ancora dato una risposta. Grazie in anticipo Claudio, e un abbraccio. Fausto

  3. Claudio Bovino scrive:
    Scritto il 24-9-2013 alle ore 16:57

    Ciao Fausto!
    grazie per il tuo interessante quesito, provo a darti una risposta in via di prima approssimazione, ripromettendomi, nell’eventualità, di tornare sull’argomento per correggere o approfondire quanto sto per scrivere.
    Come è noto la certificazione ambientale Iso 14001 è un riconoscimento molto importante – rilasciato da un ente terzo a ciò autorizzato – che attesta che l’impresa o l’ente in questione ha posto in essere tutta una serie di azioni coerenti con l’obiettivo di tutela dell’ambiente, della salute e della sicurezza delle persone:
    per ottenere la certificazione, l’ente, sulla base di una sua scelta volontaria, avrà dovuto seguire un lungo e complesso iter, che sarà partito da un’analisi ambientale iniziale (cioè, dalla situazione inziale in cui si trovava l’azienda) e proseguito con una definizione della sua politica ambientale (cioè, delle linee lungo le quali l’ente ha scelto di muoversi), sino ad arrivare a pianificare il suo SGA (il Sistema di Gestione Ambientale costituito dall’insieme delle regole che l’ente/impresa si è dato e che assume l’impegno di osservare nel tempo).

    Orbene, in senso stretto, il fatto che il tetto del magazzino dell’azienda sia in eternit non vuol dire che questo sia automaticamente pericoloso per l’ambiente: il pericolo insorge quando tale copertura è danneggiata e sia necessario intervenire per metterla in sicurezza o per rimuoverla.
    Voglio sperare che nel caso dell’azienda in questione tutto fosse a posto, e che questa si sia comunque ripromessa in futuro, tra gli impegni da assolvere per migliorare le sue performances ambientali, la sostituzione del tetto in eternit.
    L’azienda dovrebbe, comunque, aver nominato E’ una figura responsabile con compiti di controllo e di coordinamento delle attività manutentive del tetto in questione e degli eventuali altri Manuifatti contenenti amianto (MCA) presenti in azienda: tale persona ha il compito di mantenere gli MCA in buone condizioni, prevenire il rilascio e la dispersione secondaria di fibre, intervenire correttamente quando si verifichi un rilascio, verificarne periodicamente le condizioni fino a quando se ne renda necessaria la bonifica.

    Potresti provare a reperire la dichiarazione ambientale dell’azienda in questione, che spesso viene resa disponibile sui siti aziendali, e vedere quali sono gli obiettivi raggiunti per ottenere la certificazione e quali, nell’eventualità, gli impegni futuri.

    Chiedo in ogni caso ai lettori professionisti del blog di integrare, confermare o correggere quanto da me illustrato.

    Per ora, ti ringrazio nuovamente Fausto, a presto!

  4. Alessandro Bordin scrive:
    Scritto il 25-9-2013 alle ore 16:18

    Confermo quanto dice l’amico e collega Claudio. Tra l’altro se la copertura è stata fatta prima dell’entrata in vigore della Legge 27 marzo 1992, n. 257, l’imprenditore aveva la possibilità di farlo. Era libero di realizzare la copertura con il materiale che meglio si prestava alle sue esigenze, quindi anche eternit. Quindi non vedo un ostacolo alla certificazione ambientale,sia ISO 14001 che la registrazione EMAS. Tanto più altre certificazioni come quella del Sistema di Gestione della Qualità ISO 9001 (o forse allora ISO 9002). Credo che sia opportuno per quell’azienda adottare un programma di manutenzione ed eventualmente bonifica dell’amianto qualora presenti abrasioni, cedimenti, erosioni, ecc. Allora si l’amianto diventa pericoloso … in tal caso non solo potrebbe incorrere nella sospensione/annullamento della certificazione (che fra i requisiti richiedono il rispetto della legislazione vigente) ma anche in altri problemi relativi alla sicurezza sul lavoro.

  5. Claudio Bovino scrive:
    Scritto il 12-11-2014 alle ore 17:30

    AGGIORNAMENTO: 12 novembre 2014
    A tutt’oggi il Piano Nazionale Amianto non risulta ancora approvato.
    Il Piano nazionale amianto che era stato definito nella Conferenza governativa sulle patologie asbesto-correlate di Venezia (novembre 2012) e varato dal Governo Monti nel marzo 2013, infatti, non ha passato l’esame della Conferenza Stato-regioni.
    Con un Atto della Camera, basata su alcune mozioni tra cui, nello specifico, la mozione n. 1-00440 presentato da MIGLIORE Gennaro (18 giugno 2014, seduta n. 248), la Camera ha impegnato il Governo ad approvare definitivamente il Piano nazionale amianto, prevedendo i finanziamenti necessari alla sua completa attuazione.
    Siamo, però, di nuovo fermi… non al palo, ma quasi.
    Vanno almeno avanti i lavori della Banca Dati Amianto (predispsota a seguito di una convenzione del Ministero con l’INAIL), BD che, ad oggi, raccoglie i dati di circa 34.000 siti interessati dalla presenza di amianto in 19 regioni.
    Tale BD, però, non copre l’intero territorio nazionale (il 50% dei dati è relativo, infatti, solo a 2 Regioni, e cioè Marche e Abruzzo); inoltre, i dati forniti non sono stati raccolti secondo criteri omogenei per cui attualmente il MATTM li sta verificando e aggiornando per garantirne la congruenza con altre informazioni disponibili (ad es., rilevazioni aereofotogrammetriche effettuate per l’identificazione delle coperture in cemento amianto in alcune regioni).
    Fino d oggi sono stati verificate le informazioni per le seguenti regioni:
    – Valle d’Aosta,
    – Trento e Bolzano,
    – Friuli,
    – Lombardia,
    – Piemonte,
    – Liguria,
    – Veneto,
    – Emilia Romagna,
    – Toscana,
    – Umbria,
    – Marche,
    – Lazio,
    – Abruzzo,
    – Campania,
    – Molise,
    – Puglia,
    – Basilicata,
    – Sardegna e Sicilia.
    I dati sono consultabili nella Cartografia siti d’amianto: http://www.bonifiche.minambiente.it/archivio_cartografia_amianto.html
    Una volta che saranno stati raccolti tutti i dati dalla mappatura e dai finanziamenti disponibili, potranno essere individuati i casi caratterizzati da più diffusa rilevanza sociale e ambientale (ad esempio scuole, caserme e ospedali in contesto urbano) sui quali avviare, prioritariamente, la successiva fase di monitoraggio della qualità dell’aria, l’azione di messa in sicurezza e di bonifica.

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